Profilassi per le malattie da prioni
Cosa sono i prioni e perché rappresentano un rischio sanitario
Il prione è un agente infettivo con caratteristiche non convenzionali: ha dimensioni più piccole dei virus ed è incredibilmente resistente alle consuete procedure impiegate negli studi dentistici per rimuovere o inattivare virus, batteri, funghi o altri microrganismi noti.
Il termine ‘prione’ (dall’inglese “prion”, acronimo da “Proteinaceus Infective Only particle”) ‒ è stato coniato per sottolineare l’ipotesi che l’agente infettivo sia composto soltanto da proteine, senza la presenza di acidi nucleici.
La sua struttura ultramiscroscopica è diversa da quella dei virus e pertanto non può essere considerato né trattato come un virus, un fungo, un batterio o un parassita.
In questo articolo spiegheremo quali sono i rischi legati alle malattie da prioni e come trattare correttamente gli strumenti potenzialmente infetti, per garantire la massima sicurezza nello studio dentistico.
3 cose da sapere sui Prioni:
- I prioni sono ̴ 10.000.000 di volte più piccoli di una cellula batterica.
- I tradizionali detergenti e disinfettanti e le molecole d’acqua difficilmente. penetrano il nucleo
- Molti sistemi di trattamento non sono sufficienti per inattivarne l’infettività.
Proteine infettive: le malattie da prioni
La modalità infettive dei prioni è data da una particolare catena proteica alfa e beta ripiegata in maniera scorretta, che induce altre proteine ad assumere la stessa conformazione anomala. Queste proteine sono poi in grado a loro volta di infettare le proteine adiacenti.
In sintesi i prioni sono proteine che possono assumere due forme diverse, una normale e una errata. Una volta assunta la forma errata, i prioni possono indurre prioni normali a trasformarsi per assumere anch’essi quella forma. In questo modo un piccolo numero di prioni anomali può rovinare un’intera popolazione di prioni normali convertendoli uno per uno nella forma errata.
Questo può avere conseguenze molto gravi man mano che aumentano nel corpo i livelli di proteina prionica trasformata. Per esempio, l’errato ripiegamento del prione PrP provoca degenerazioni mortali del sistema nervoso sia nell’uomo che in altri mammiferi.
I prioni sono responsabili delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST), malattie neurodegenerative che hanno esito fatale nell’uomo, quali:
- Malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ)
- Sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker
- Insonnia fatale sporadica o familiare
Prioni e studio dentistico: il trattamento del materiale a rischio
Nell’ambito odontoiatrico, il problema di trasmissione delle malattie da prioni è essenzialmente legato al contatto con i tessuti potenzialmente infetti, non essendo la malattia trasmissibile per via aerea o per contatto esterno, e alla particolare resistenza dei prioni alle comuni metodologie di decontaminazione.
I prioni hanno infatti dimostrato una particolare resistenza ai metodi standard di inattivazione, sia fisici (come il calore, radiazioni UV) che chimici (come il trattamento con fenolo, cloroformio, formaldeide e alcoli).
Questa resistenza, unitamente alla gravità delle malattie, richiede che siano applicate con rigore misure speciali di trattamento per i dispositivi (strumenti chirurgici ed accessori) utilizzati nelle procedure a rischio.
Prevenzione delle malattie da prioni: DPI monouso e trattamento in autoclave
Per una corretta profilassi, lo studio dentistico deve, quando possibile, utilizzare dispositivi monouso. Quando questo non è possibile, è necessario applicare procedure di decontaminazione e sterilizzazione più severe rispetto alle pratiche ordinarie.
Questo si ottiene con un prolungato trattamento in autoclave di classe B. Tutti gli strumenti utilizzati per interventi invasivi vanno sterilizzati con il programma prioni (134°C per 18 min.) o con procedure chimiche capaci di idrolizzare le proteine (idrossido o ipoclorito di sodio ad alte concentrazioni).
Ecco in sintesil le procedure raccomandate per il trattamento dei dispositivi contaminati dai prioni, da attuare in sequenza:
- Immergere gli strumenti, subito dopo l’uso, in una soluzione di idrossido di sodio 1 M per 1 ora a temperatura ambiente, separatamente dagli altri strumenti in un contenitore ad uso esclusivo;
- Lavare accuratamente gli strumenti in tutte le parti, utilizzando preferibilmente processi di lavaggio automatici (Vasche ad ultrasuoni); asciugare, senza utilizzare aria compressa, e confezionare (è consigliato l’utilizzo di un Termodisinfettore);
- Effettuare un ciclo “speciale” di 18 minuti a 134°C in autoclave di classe B (a vapore con vuoto frazionato per carichi porosi) senza introdurre altri strumenti nello stesso ciclo, oppure 6 cicli a 134°C per 3,5 minuti ripetuti consecutivamente;
- Effettuare un ulteriore processo completo di sterilizzazione, immettendo gli strumenti nel normale circuito, come comuni “strumenti sporchi”, e sottoponendoli nuovamente a lavaggio, confezionamento e sterilizzazione secondo le procedure di routine
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